Monday, June 11, 2007

Più fascismo, meno democrazia.

Di seguito é pubblicato l'intervento fatto da Gabriele Adinolfi al trentennale del primo campo hobbit a Benevento.Il Pizzino non sente di poterlo condividere in toto e, pur tuttavia, vi trova molti spunti interessanti, soprattutto riguardo alla "terapia" proposta per rilanciare l'area.

Campi Hobbit, tre decenni dopo. Personalmente ho tenuto un intervento critico e controcorrente. Ho ricordato che trent'anni fa, quando si tenne il primo Campo Hobbit, avevo ventitre anni ma non ci andai, come non andai a nessun altro Campo Hobbit. Non per avversione a quei tentativi ma perché avevo da tempo, con i miei camerati, deciso che non era più possibile illudersi di cambiare un partito, di offrire mutazioni dal basso in alto per delega. Credevo allora nell'azione diretta e non ho cambiato idea. Ciò premesso ci furono in quei Campi Hobbit eventi interessanti e meritevoli. Ne venne fuori una linea ecologica, l'immaginario di un'Europa da attraversare anche in tracking o in autostop e soprattutto, quando ci fu, una bella ironia che venne importata dalla Francia. Il bilancio però non è, a mio vedere, in positivo. Perché quella generazione chiedeva sostanzialmente due cose. La prima: di cambiare una classe dirigente sclerotica, sterile e fuorviante che invece restò in sella. La seconda: maggior partecipazione e una vera attualizzazione. Ma l'attualizzazione fu fittizia visto che ebbe bisogno di trasformarsi in fantasy (del resto quest'operazione se da Roma in giù fu innocente da Roma in su fu anche una fuga dalle bastonate che si lasciavano prendere agli altri, a quelli che non pensavano ai folletti...); e la partecipazione, soprattutto, si tinse di depravazione democratica. Perché ogni conoscenza tradizionale e gran parte dei suoi simboli c'insegnano che l'orizzontale ha senso solo se s'impernia sul verticale; su qualcosa di spirituale, gerarchico (alla Pavolini, senza fronzoli, funzionale, intercambiabile ma sempre e profondamente sacro). Se partecipazione diventa diritto d'opinare, se si dimentica che la conquista della cittadinanza, dunque del diritto, si ottiene solo dopo aver adempiuto al dovere (come insegnano i pellirossa, i romani, gli antichi), se si ragiona per individualismo e per diritti scontati dell'individuo, allora si è talmente orizzontali da essere stesi. E oggi siamo stesi. E lo siamo anche perché quella generazione, a furia di voler essere accettata dagli altri ha inziato a riflettere la cultura altrui e ad accusare il fascismo e il neofascismo di quello che i comunisti del fascismo e del neofascismo dicevano, che era sempre falsissimo. Molti di quella generazione non ressero la pressione e vollero dimostrare agli altri e a se stessi (amavano già il Grande Fratello?) di non essere come venivano dipinti; ovvero di non corrispondere a quello che la propaganda nemica attribuiva a noi. Se avessero rivendicato il vero contro la caricatura, se avessero dimostrato che fascisti vuol dire fascisti e non quel frankenstein di costruzione avversa, avrebbero avuto ragione ma cedettero alla caricatura; vollero non essere “maledetti” e, per farlo, si spinsero fino ad autentiche manifestazioni di antifascismo, cultuale e interiore, E accettarono tutte le menzogne senza mai aprire gli occhi per confrontarle con la verità. Ciò accadde per la vulgata della strategia della tensione ma anche per cose più spicciole. Ho letto di persone che avrebbero riaffermato il ruolo della donna in un mondo maschilista. Nello stesso mondo che aveva creato l'esercito femminile, le Ausiliarie, e che, proprio negli anni Settanta aveva in Terza Posizione cuib misti in cui si trovavano anche dirigenti femmine e persino responsabili regionali donne! Ma quell'impulso, quel volersi fare accettare dagli altri fu un peccato mortale e una mina del nostro stesso essere, una mina che deflagrò rovinosamente. Leggo che molti dell'amarcord dicono orgogliosi, parlando di Campo Hobbit, “Il Manifesto si accorse di noi”; difatti scoprì dei fascisti meno fascisti e più vicini alla generazione rossa di allora. Ebbene io rilancio il Lotta Continua de “Il superuomo di borgata esce allo scoperto” con tutta l'angoscia stupefatta dell'ultrasinsitra per lo “scippo” del proletariato operato dai fascisti. È di questo e solo di questo che sono nostalgico! Abbiamo il coraggio di riguardare agli anni Settanta e a quella generazione, la mia, con occhio critico! Fu una generazione orfana ma fu anche una generazione che volle uccidere il padre; e senza padre non esiste famiglia. Non sono i dico, sono i non-padri che minano la famiglia! E non solo la famiglia.C'è troppa orizzontalità, troppa poca verticalità anche quando pretendiamo di alzarci in piedi: la nostra torre, quella di cui oggi parliamo con nostalgia, più che ogni altra cosa fu una Torre di Babele. E se oggi siamo ridotti così non è come andiamo dicendo perché ci temono e quindi ci dividono ma perché siamo dei nessuno, incapaci di qualsiasi armonia e di qualsiasi profondità. Perché abbiamo perso il centro, la verticalità e la coscienza. Perché abbiamo mutuato democrazia, e democrazia vuole anche dire rassismo, così come le piccole tirannidi sono da sempre l'ancora di momentaneo salvataggio dell'informità democratica alla deriva. Prima di cercare accordi, unioni, desistenze, cerchiamo noi stessi e, soprattutto, troviamoci! Partiamo da qui, da queste considerazioni, per raggiungere ordine e armonia. Meno democrazia, più fascismo, meno destra più fascismo. Anzi: fascismo e basta!


Gabriele Adinolfi

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