Monday, April 30, 2007

Ancora contro i Di.Co. Avanti autocarri!


La truppa sbarca a Positano.


La padrona di casa.


Due squadristi(uno dei quali momentaneamente obeso).


Gazebo.


Triumviri.


Sostituzione.


Sangiullo's


Questo é il motivo principale per il quale siamo contrari ai Dico.


No comment!


Stampa sovversiva, scopri chi è l'infiltrato...




N.B. Per guardare le altre foto, cliccare su "Cosa Nostra" in basso.

Concerto Delenda Carthago ad Aversa(ce)
Siccome non intendo andare in galera, di seguito troverete solo le foto che ho ritenuto "pubblicabili" in internet. Del resto, sono sempre stato favorevole alla censura e, per coerenza, anche al riflessivo.


Manifesto.


Ceterum censeo Carthago delenda est!



Un folle.


Due folli.


Sic itur ad astra!

N.B. Per guardare le altre foto, cliccare su "Cosa Nostra" in basso.

Sunday, April 29, 2007



Corteo Movimento Sociale Fiamma Tricolore Milano - musica ZetaZeroAlfa.

Chissenefrega,tanto era fascista!
Luca Telese

VENTIDUE ANNI DOPO, RAMELLI FA ANCORA PAURA?

Ecco alcune delle ragioni perchè abbiamo deciso di ristampare un testo "clandestino".



Intanto quella foto. Se si è tramandata una memoria di Sergio Ramelli, e poi se questo nome e la sua storia hanno potuto traversare trent’anni di storia italiana, la nube di oblio degli anni di piombo, rompere le barriere del pregiudizio e delle appartenenze, è soprattutto per quella foto: il ragazzo con i capelli lunghi, con lo sguardo innocente, gli occhi castani e luminosi, la brutale ferocia di un omicidio celebrato a colpi di chiave inglese, con l’aggravante della premeditazione e del delitto su committenza, come se si fosse trattato di un festino di morte e di sangue.

E poi questo libro. La prima edizione di “Ramelli, Una storia che fa ancora paura”, era uscita nel 1987 come un documento clandestino e di comunità, ed era invece destinata a suscitare uno dei più grandi successi di vendita fuori dai circuiti ufficiali che si ricordi in questo paese. Cinque edizioni, 16 mila copie vendute banchetto per banchetto, una lista di presentazioni e un viaggio in giro per l’Italia nel nome di Sergio che possono essere comparati solo alle tappe della tournè di qualche pop star, o a un viaggio elettorale. Invece, non si trattava né della prima e né della seconda ipotesi. Gli autori che firmavano (e firmano) quel libro erano cinque, e perfettamente sconosciuti al grande pubblico, solo uno di loro, Guido Giraudo era un giornlaista prfoessionista, ex vicedirettore del Candido negli anni settanta. Il libro se l’erano stampati praticamente da soli. E per di più, quando era uscito non ne aveva scritto nessuno: non una recensione, non un trafiletto, nemmeno una segnalazione sui giornali seri.

Ma tutte queste cose messe insieme, per quanto interessanti, non basterebbero a giustificare una ristampa, se non ci fosse un elemento in più, e decisivo: l’inchiesta. Ecco, l’inchiesta, in Italia, nel panorama vaniloquente e un po’ gaglioffo della stampa italiana, è un genere estinto o inflazionato.

Se lo ricordo, è perché questi “non professionisti” che nel 1987 si mettono a scavare sul Caso Ramelli in realtà danno una lezione che sarebbe utile a molti. Sono di destra, certo, e sono motivati da un desiderio di battaglia memoriale: ma si tratta di una battaglia civile, prima ancora che politica. E poi sono terribilmente rigorosi. Non si perdono in mille fronzoli, non inseguono la bella pagina, lavorano di olio di gomito e di archivio, setacciano le emeroteche, raccolgono le testimonianze. Sono di parte? Certo: ma hanno un metodo e una cifra scientifica: il loro lavoro è utile a chiunque voglia ripercorrere quel sentiero di storia italiana. Quando 16 anni dopo mi misi in testa di scrivere un libro che raccontasse le storie dei 21 ragazzi di destra radicale non uccisi negli anni di piombo, l’unico su cui esistesse un lavoro di rigorosa ricostruzione documentaria era per l'appunto Ramelli. Ricordo che ad una presentazione del mio libro, un giornalista non certo sospetto di simpatie per la storia missina come Gad Lerner chiese a Girando: “Non è che ne avresti una copia da mandarmi?”. No, le aveva finite. Così è nata l’idea di questa ristampa. Perché la storia di Sergio ebbe il destino di trovarsi al crocevia di molte storie importanti, e continua a costituire una pietra miliare nella cronologia delgi anni di piombo.

Alcuni dei motivi sono già noti a chi ha già letto “Cuori neri”. Il primo: il delitto Ramelli celebrò come non era mai accaduto prima la spersonalizzazione della vittima. Ad uccidere Sergio non erano i suoi avversari politici diretti, ma un gruppo di studenti che apparteneva al servizio d’ordine di Avanguardia Operaia. Il più “sfigato” dei servizi d’ordine dei gurppi extraparlamentari milanesi, va aggiunto, quello che come ricordava lo stesso Lerner in un articolo del 1987 si era guadagnato il nomignolo malefico di “Brigata coniglio”. Ma divenne, come in quasi tutti i casi che avrei raccontato in Cuori neri, un “delitto iniziatico”. Dopo che avevi ucciso la prima volta, la deriva della storia ti faceva fare il salto dall’amministrazione più o meno controllata della violenza di piazza alla lotta armata. Il secondo motivo: il caso Ramelli, era diventato , al pari di tanti altri delitti di quel tempo il romanzo di formazione di una frammento di classe dirigente, sia a destra che a sinistra. Tra gli avvocati del processo che si celebrerà a dodici anni di distanza troviamo su fronti avversi – tanto per fare tre nomi - un futuro deputato di An come Ignazio La Russa, un futuro deputato di Forza Italia come Gaetano Pecorella, e un futuro deputato di Rifondazione come Giuliano Pisapia. Terzo motivo: Ramelli era un anello nella catena del sangue, e diventava il prologo di altri delitti nella catena del sangue: senza questo delitto, probabilmente, Milano si sarebbe potuta risparmiare una settimana di guerriglia urbana, e due morti che sono direttamente o indirettamente collegati al delitto. Claudio Varalli muore durante uno scontro a fuoco che nasce dopo un volantinaggio che si celebrava nel nome di Ramelli (a cui per ironia della sorte prendeva parte Girando ma non Antonio Braggion, l’uomo che freddò il militante di sinistra con la sua 7.65, mentre veniva assaltato nella sua Mini). E sempre lungo il filo del sangue di Sergio muore Giannino Ribecchi, investito da una jeep della polizia nei caroselli che seguono l’assalto di un corteo extraparlamentare alla federazione missina di via Mancini. Siccome il grosso dell’inchiesta l’avevano fatta Girando e i suoi coautori, quando si trattò di affrontare la storia di Sergio, mi ritrovai nella possibilità di inseguire altre piste. La prima, quella del rimorso, mi portò a incontrare il libro di Giorgio Mellitton (che cito ampiamente in Cuori neri) il professore di italiano di Sergio, che distrutto dal senso di colpa per non aver fatto abbastanza, di non aver impedito quel delitto come forse avrebbe potuto, raccontò la sua storia con un libro pieno di malinconico strazio e di particolati agghiaccianti. Su tutto quello della sua collega che commentava il suo delitto con lo stesso senso di pietas che avrebbe potuto rivelare un kapò: “Di fronte a una tazza di caffè, a voce alta perché gli altri sentissero, la professoressa di lettere del triennio F disse: “E che importa, se dunque era un fascista?”. Non era sola: “Un’altra sua collega, del corso E esclamò con sgomento: ‘Sono cose più grandi noi”. E una terza, tanto per chiudere il quadretto tratteggiato da Mellitton, sospirò: “A Roma sono più forti neri, a Milano noi”.

Nella sua raggelante spietatezza, quest’ultimo commento rivelava un’altra verità: sotto la sovrastruttura degli odi ideologici, il delitto Ramelli, e tutti gli altri che negli anni settanta hanno visto cadere i cuori rossi e neri, la vera meglio gioventù di questo paese, erano incrostati con qualcosa che stava dentro le viscere di un paio di generazioni di italiani, un rancore atavico, cieco, e per certi versi persino tribale. Quando pronuncio queste parole, ogni tanto, incontro qualche saettare di sguardi perplessi, magari la cifra di un sorriso. Eppure, con la stessa regolarità di un metronomo, ogni anno il rintocco di qualche fatto di cronaca, dai processi alle rivelazioni, dalle guerriglie urbane al disvelamento di qualche manipolo di vecchi o nuovi brigatisti, ci spiega quanto quell’odio antico sia ancora vivo, persistente, e destinato a covare anche dopo che le fiamme sembrano estinte, come la brace sotto la cenere. A sedici anni da questo libro, sono riuscito a parlare con il magistrato che è tra i protagonisti di queste pagine. Fu un magistrato indubitabilmente come Guido Salvini, infatti, a scoperchiare l’abisso di questo delitto sepolto. E questo è anche l’ultimo punto dirimente del caso Ramelli: è uno dei pochissimi omicidi degli anni di piombo per cui si sono travati dei colpevoli. Dei colpevoli reoconfessi, che come dimostra questo libro, non per questo non vennero difesi al di là di ogni senso logico. Quando inizò a celebrarsi il processo, infatti, qualcuno (in testa a tutti un partito che oggi non c’è più Democrazia Proletaria, e un quotidiano, il Manifesto) provarono a dire che non si trattava di un processo legittimo, ma del tentativo di mettere sul banco degli accusati un’intera generazione. Argomentazione che come scoprirà chi legge questo libro era a dir poco risibile allora, e lo è anche oggi. Uno degli imputati, Marco Costa, raccontò ad una corte allibita che una mattina aveva scambiato per un colpo di Stato, la sfilata dei carri per il 4 novembre. E quando il presidente chiese testualmente:
“Ma a scuola non vi avevano detto che il 4 novembre era la festa nazionale?”.
Si sentì rispondere con altrettanto candore:
“All’epoca leggevamo più i testi di marxismo che i testi scolastici”.

Qui mi piacerebbe provare a spiegare una cosa banale, ma nemmeno troppo. Non per difendere l’utilità dei testi marxisti (cosa che comunque mi sta a cuore), ma per sgombrare il campo da un grande equivoco: in ogni tempo e luogo, le responsabilità sono individuali e non collettive. E così, malgrado le aggravanti e i condizionamenti del tempo, fare giustizia, e celebrare il processo Ramelli, voleva dire prima di ogni altra cosa, che responsabile dell’omicidio Ramelli erano gli uomini del commando - tutti studenti universitari, e non ragazzini - che si erano dati appuntamento per flagellare un ragazzo sotto casa sua. E che dopo meno di vent’anni si presentavano davanti ai giudici immemori, ormai traslocati dentro nuove e rispettabilissime esistenze, e incapaci di spiegare la cosa più semplice, banale e necessaria: Perché. Anche i libri sono come maglie di una catena, che nascono uno sull’altro, e crescono insieme alle idee. Se qualcuno volesse continuare il filo che parte da “Una storia che fa ancora paura” e prosegue con “Cuori neri”, potrebbe aggiungere un tassello in più andando a cercare le parole che oggi i ragazzi delle Hazet 36 vorrebbero e potrebbero dire. Ne io, ne gli autori di questo libro ci siamo riusciti.

Ma se si prende tra le mani questa inchiesta, a prescindere da come la si pensi, si fanno tantissime altre scoperte. La più bella è sempre quella foto, e le altre che compongono questo affresco, questo viaggio intorno ad una vita stroncata. Diceva Oscar Wilde: “Dopo i vent’anni ogni uomo è responsabile della faccia che si ritrova”.

Bene, in questo caso l’idea che uno sguardo rappresenti una rivelazione è così vera, che già a 17 anni Sergio Ramelli era responsabile di molto di più. In quell’ovale e in quei capelli lunghi, quando si conosce la sua storia, si scoprono tante cose: che Sergio andò al macello con la stessa innocenza che dimostrava il suo sorriso. Che era fuori dai cliché come i suoi stessi capelli lunghi ci dicevano. Che la retorica è sempre una brutta bestia: ma che poi a volte è terribilmente vero, come cantava Guccini, che “Gli eroi son tutti giovani e belli”.

Saturday, April 28, 2007

Il Napoli batte l'arbitro Palanca 2 a 0

Un episodio dubbio nel corso di qualsiasi partita può sempre accadere, un arbitraggio scadente pure. Tuttavia, quando gli errori si rivelano sistematici e costanti nel corso di ogni partita, dopo lo scandalo di calciopoli, i dubbi sulla buona fede dei direttori del gioco aumentano. Napoli-Cesena é stata l'ennesima partita, affrontata dagli azzurri, caratterizzata da errori, spesso gravissimi. L'arbitro Palanca é riuscito a non fischiare un fallo al Napoli per trenta minuti filati, non azzeccando un fuorigioco, un calcio d'angolo, una rimessa, sbagliando valutazione persino nella sua situazione più facile da leggere. Alla luce di questa riflessione, indigna meno, pertanto, il rigore nettissimo negato ai partenopei per un fallo di mano che devia il tiro a rete di Calajò. Innervosiscono, semmai, decisioni assurde quanto immotivate che potevano sicuramente falsare il risultato finale. Come la concessione di un recupero ulteriore ai cinque minuti - già di per sè molto generosi, visto che, avendo l'arbitro fischiato a senso unico, non si era perso molto tempo - rispetto a quelli del quarto uomo sul risultato di uno zero. Non dovete biasimarmi, quindi, se io, al goal del 2 a 0 di Ivano Trotta al 97°,il mio primo pensiero l'ho dedicato proprio all'arbitro. Perché forse, se non ci fosse stato il secondo goal, magari la partita sarebbe ulteriolmente continuata. Le partite che finiscono con 7 minuti di recupero sono rare, figurarsi se, come nella fattispecie, al massimo se ne dovevano concedere due. Non deve stupire, perciò, che De Laurentis abbia negato che si trattasse di un episodio, perché se l'episodio é leit-motive da tanti anni, non è più tale.
Palanca indecente, voto 3. La sua prestazione certamente non farebbe indignare, se questa situazione di mediocrità snervante, non si procrastinasse da tutto il campionato. Noi in C ci siamo andati perché non abbiamo beneficiato di decreti appositi spalmadebiti, né avevamo amicizie nella FGCI: la nostra diversità di stile da Juventus, Lazio,Milan, Fiorentina e così via, è da rivendicare con orgoglio. E' stato l'infame che vedete nell'immagine a volerci distruggere, ma noi ci stiamo, ci siamo rialzati. Però pretendere ogni tanto un arbitraggio equo é pretesa, sembra, legittima. Tanto più che il presidente del Genoa,squadra nostra concorrente, é noto per avere le mani in pasta un po' ovunque, di più per girare con valigette piene di soldi.
Veniamo alla cronaca: la partita inizia a ritmi sostenuti con un Napoli arrembante che cerca il vantaggio il prima possibile. Risultato che ottiene dopo sette primi, grazie ad un uscita sbagliata del portiere romagnolo e al colpo di testa del Pampa Sosa che, spietato, insacca la palla in rete. Svogliati, gli azzurri hanno tutta la possibilità per raddoppiare, ma non concretizzano. Il secondo tempo é più dinamico e divertente, ma Calajò non riesce mai ad inquadrare la porta, nonostante tre palle goal nitide. Prima pecca di egoismo non passando al Pampa solo in area e facendosi fermare (ma con la mano,è l'occasione del rigore negato), poi fallisce clamorosamente il tapin vincente di testa e ancora tira a lato da posizione favorevolissima: tre tiri, tre palle fuori che fanno la barba al palo. I minuti finali sono di altissima sofferenza, perché - come già scritto - l'arbitro non fischia più un fallo e il Cesena ci crede. E' accolto come una liberazione, perciò, il raddoppio che arriva con la schiacciata vincente in scivolata di Trotta. Bella prestazione, ma troppa sofferenza: bisognava chiudere prima la partita, anche perché avremmo meritato tranquillamente di segnare più goals. Ora ci sono tre partite decisive: dopo queste, potremo valutare in che situazione stiamo. Un ultimo appello al presidentissimo ac reverendissimo De Laurentis: santità, comprami Papa Waigo! A noi manca solo un attaccante dinamico.

Questa é la civiltà democratica, questi sono i valori dell'antifascismo


(in foto il primo atto democratico dell'Italia conquistata dai Liberators)

Corruzione - mafia - clientelismo - tasse - inciuci - imbrogli - sangue - usura - morte -tangenti - guerra - dio danaro - criminalità - immigrazione -denatalità - globalizzazione - multiculturalismo - omologazione - politicanti - inquinamento - disoccupazione - assistenzialismo - inflazione e-che-te-lo-dico-a-fa

E' cosa vostra


PROCESSO A BENITO MUSSOLINI

Atto unico in dieci parole
personaggi:
Giudice di Tribunale ; Benito Mussolini(aula di tribunale)

Giudice di Tribunale: Imputato Benito Mussolini, è sua facoltà discolparsi…
Benito Mussolini: Scusi: da cosa?
F I N E

Friday, April 27, 2007

Zetazeroalfa, Il Ritorno Dei Pirati
E' uscito il nuovo cd degli ZZA: da acquistare nelle peggiori librerie del suolo patrio.



Torna il nemico pubblico numero uno. Tornano gli Zetazeroalfa. Il nuovo album si chiama La ballata dello stoccafisso e, già nel titolo, mantiene la carica irriverente, ironica e autoironica della precedente esperienza del gruppo romano. I 13 brani segnano, però, un punto di svolta rispetto alla trilogia La dittatura del sorriso, Kriptonite e Fronte dell’essere, che li ha resi famosi nel panorama della musica nono conforme. Il disco è una produzione più matura dal punto di vista artistico e- si direbbe- esistenziale, intendendo quel mix di esperienze politiche, personali e sociali che trovano la loro incarnazione in Casa Pound, il più noto centro sociale della destra romana. E’ qui, dove di recente è stata allestita una sala prove, che sono nati i pezzi. E’ ancora qui che, per realizzare una sala di registrazione, saranno investiti i proventi dell’album, al quale seguiranno un cd strumentale in estate e un dvd a dicembre. “Sono passati cinque anni da Fronte dell’essere- spiega Gianluca Iannone, voce del gruppo e portavoce di Casa Pound- allora Casa Pound non c’era e poi quel disco faceva ancora parte della trilogia. Ora c’è stato un consolidamento”. Durante questo periodo, comunque, gli Zza hanno continuato a suonare e farsi conoscere. Non solo in Italia ma anche all’estero, dove ora approdano con la tournée European revolution tour, organizzata da un gruppo di ragazzi olandesi. Dopo il concerto del 9 maggio a Parigi, faranno tappa a Eindhoven, Stoccarda e Marsiglia. Numerose anche le tappe del tour italiano, che si possono scoprire sul sito zetazeroalfa.org.
“Dal punto di vista musicale La ballata dello stoccafisso- spiega il produttore, Flavio Nardi di Ripe Tarpea- porta a sintesi le tre anime espresse nei lavori precedenti: quella punk, quella rumorista- elettronico- tecnologica e quella rock’n roll”. Capire quale sia il genere degli Zza non è cosa semplice, soprattutto per i non addetti ai lavori. “In origine era il dajecamnrock”, precisa poi Nardi e al profano viene voglia di rifiutarsi di andare oltre. Ma c’è qualcosa di universalmente riconoscibile negli “Zeta”: fanno cantare, ballare, divertire. I loro concerti sono sempre una festa, goliardica e incisiva. I temi dell’impegno sociale, della lotta alla globalizzazione e, soprattutto, all’omologazione, che erano già nella trilogia, tornano nei testi di oggi. Il tono è quello utilizzato tanto nella produzione musicale e grafica quanto in quella politica: spiazzante, estremo, quasi paradossale. Gli Zza sono gli stessi delle magliette con su scritto “Nel dubbio mena” e dello slogan elettorale “Vota la squadra del cuore”, impresso sull’immagine di un gruppo di squadristi. Con questo stile negli “amici” hanno suscitato sorrisi e approvazione per il gusto della provocazione. In quelli che si trincerano dall’altra parte della barricata, invece, hanno smosso attacchi di bile, condanne benpensanti e una voglia matta di vederli sparire dalla scena. Periodicamente c’è qualcuno che punta l’indice contro Casa Pound perché venga chiusa. Di quando in quando c’è anche chi lancia bombe contro il Cutty sark, il pub sulla cui porta, ormai blindata, campeggia Capitan Harlock e che è un punto di riferimento e un luogo dell’immaginario per molti ambienti della destra. In questo locale, a cui è dedicato il brano Santa Teppa, domani sera ci sarà una festa per la presentazione della Ballata. Gli Zeta, e tutto il gruppo di Casa Pound, l’originalità stilistica della loro esperienza l’hanno sempre rivendicata con orgoglio. Lo stesso nuovo album ne è un manifesto, dalle canzoni alla copertina. Sul cd campeggia un gatto nero, che fu il grimaldello per scovare il palazzo da occupare: con la scusa di cercare un micetto smarrito tapezzarono di volantini l’Esquilino, il quartiere romano dei ghetti e dell’immigrazione incontrollata, e iniziarono a perlustrare gli stabili nella zona per individuare quello in cui mettere radici. La storia è raccontata nel libro Centri sociali di destra di Domenico di Tullio ed è rievocata ora da Iannone: “L’abbiamo scelto perché il gatto ha trovato casa e ci piace come simbolo. E’ indipendente, ha parecchie vite e mantiene sempre il suo sangue freddo. Quello nero, poi, è il più resistente, stava sulle navi dei pirati ed era il primo a scendere a terra. Si dice che porta “sfiga” perché annunciava l’arrivo dei pirati”.
I pirati sono tornati e hanno portato con sé anche gli amici in un modo o nell’altro “lontani”: Peppe Dimitri, al quale è dedicato l’emozionante brano strumentale Fuligine, e Luigi Ciavardini, che ha ispirato il messaggio di copertina del cd, “quando la terra trema sei tu a decidere il tuo battito cardiaco”, e per il quale si rivendica giustizia sull’homepage del sito.

Annamaria Gravino




La rivoluzione é come il vento - Intolleranza.

Ricordo e orgoglio di Reduci della guerra del sangue contro l'oro. Venerdì sera a Casa Pound

Non smettemmo la camicia nera
Ricordo e orgoglio di Reduci della guerra del sangue contro l'oro. Intervengono Gianmaria Guasti e Luigi Emilio Longo, Vincitori della guerra perduta. E gli storici Luca Fantini ed Ernesto Zucconi. Venerdì 27 aprile, ore 21, Casa Pound, via Napoleone III n°8 (tra stazione Termini e piazza Vittorio); Roma

Thursday, April 26, 2007

Mantua me genuit, Calabri rapuere, tenet nunc Parthenopae; cecini pascua rura duces.




Nei pressi della stazione di Mergellina e di piazza Sannazzaro, sorge la Chiesa di Santa Maria di Piedigrotta che, nel parco adiacente - parco virgiliano - ospita i corpi di Leopardi e Virgilio. Ci passo spessissimo , vivo a Napoli da sempre, eppure fino a ieri non c'ero mai entrato. L'occasione l'ho avuta grazie ad un'amica che mi ha voluto portare a vedere la tomba di Virgilio. Tra l'altro il parco virgiliano é fantastico perché da Piedigrotta arriva fin sopra Posillipo.

AVANTI SAVOIA!

Con la vittoria di oggi su Shosholoza, Mascalzone Latino consolida il suo quarto posto e si candida per arrivare alla semifinale. Luna Rossa, intanto ha battuto New Zealand e ha riscattato la pessima la sconfitta rimediata ieri. Domani ci sarà lo scontro diretto tra le due barche italiana.

L'antifascismo é religione.
l'Istigazione a delinquere di Bertinotti.


"L'Italia ha una sola grande religione civile: l'antifascismo da cui e' nata la Repubblica". Così ha parlato ieri il presidente della camera Bertinotti a margine delle celebrazioni trionfali per il 25 aprile. Ora, considerato il ruolo che i comunisti assegnano alla religione, viene spontaneo pensare che anche quella civile per i compagni non conti nulla, ma sbagliamo: da 62 anni atti di violenza e teppismo da parte degli antifascisti di fede sono giustificati, anzi fomentati, proprio dalle alte cariche dello stato."La resistenza ce l'ha insegnato:uccidere un fascista non é reato": questo é il primo comandamento della religione civile di cui Bertinotti é il sommo pontefice. E infatti da piazzale Loreto a Ramelli e Enrico Pedenovi c'è una sottile linea rossa che lega il crimine all'impunità. Pochi giorni fa lo stesso presidente della Camera ha fatto rimuovere dalla Sala del Cavaliere a Montecitorio il dipinto di scuola napoletana che raffigura la battaglia di Lepanto del 1571, perché l'opera rappresenta scena di guerra che al presidente ultrapacicifista è invisa. In merito all'argomento Antonio Socci su Libero ha chiesto a Bertinotti il motivo per cui ha fatto rimuovere un quadro che rappresenta la guerra e poi celebra il 25 aprile che, parimenti alla battaglia del 7 ottobre 1571, evoca la fine di uno scontro. Tanto più che il 25 aprile per molti italiani non fu giorno di liberazione: per chi viveva nel triangolo della morte emiliano o in Istria fu solo l'inizio degli eccidi, delle rappresaglie, delle vendette. Chi non si riconosceva nei liberators, da allora, iniziò a sentirsi esule in patria. Qual é, allora, la ratio che spinge Bertinotti a una disparità di trattamento in due situazioni analoghe? Non é che forse per i comunisti la religione conta solo se civile ed é volta a raccogliere consensi? Certo é che, in tutto questo, é perfetto il tempismo di Calderoli: per il leghista coloro che ieri sventolavano le bandiere rosse inneggiando ai brigatisti erano "fascisti rossi". Ciò detto, ora chi glielo dice a Bertinotti che deve rivolgere il suo culto civile contro i suoi stessi elettori?Calderoli si pronunci.

Wednesday, April 25, 2007

Patriottismo.


Concerto musica alternativa - Delenda Carthago a Napoli - domenica 29 aprile, ore 20.30 - per informazioni il numero è 3200327265

25 aprile, un giorno da celebrare...ma solo per un motivo.



San Marco Evangelista - 25 aprile

Ebreo di origine, nacque probabilmente fuori della Palestina, da famiglia benestante. San Pietro, che lo chiama «figlio mio», lo ebbe certamente con sè nei viaggi missionari in Oriente e a Roma, dove avrebbe scritto il Vangelo. Oltre alla familiarità con san Pietro, Marco può vantare una lunga comunità di vita con l'apostolo Paolo, che incontrò nel 44, quando Paolo e Barnaba portarono a Gerusalemme la colletta della comunità di Antiochia. Al ritorno, Barnaba portò con sè il giovane nipote Marco, che più tardi si troverà al fianco di san Paolo a Roma. Nel 66 san Paolo ci dà l'ultima informazione su Marco, scrivendo dalla prigione romana a Timoteo: «Porta con te Marco. Posso bene aver bisogno dei suoi servizi». L'evangelista probabilmente morì nel 68, di morte naturale, secondo una relazione, o secondo un'altra come martire, ad Alessandria d'Egitto. Gli Atti di Marco (IV secolo) riferiscono che il 24 aprile venne trascinato dai pagani per le vie di Alessandria legato con funi al collo. Gettato in carcere, il giorno dopo subì lo stesso atroce tormento e soccombette. Il suo corpo, dato alle fiamme, venne sottratto alla distruzione dai fedeli. Secondo una leggenda due mercanti veneziani avrebbero portato il corpo nell'828 nella città della Venezia.

Buon San Marco a tutti!


tratto da www.noreporter.org
Il venticinque aprile è nata una puttana

Storie tristi di date tristi

Shirley Bateson nasceva nei sobborghi di Birmingham il 25 aprile 1883. Ragazza precoce diveniva un'esperta lucciola; a soli ventuno anni era già Madame Belle, una delle più richieste ragazze delle case chiuse londinesi. Fantastica ballerina di can can, Shirley-Belle, durante una crociera, faceva innamorare perdutamente Lord Brough e, fingendosi una virtuosa divorziata, lo sposava il 2 giugno 1913 negli Stati Uniti; la cerimonia si sarebbe ripetuta in Inghilterra il 18 aprile seguente. Fu con raccapriccio che Lord Brough scoprì la verità qualche tempo dopo: Lady Brough, infatti, era rimasta in affari ed era la tenutaria di un certo numero di bordelli, coinvolta, pare, anche in traffico di oppiacei.

Tuesday, April 24, 2007

La mia Idea è Pensiero e Azione;

è alternativa alla società edonista;

è disprezzo dell’individualismo;

è Tradizione non conservazione;

è Futuro non modernità;

è Moralità non Moralismo;

è Etica; è attivismo; è volontarismo; è socialità;

è propositività; è crescita; è solidarismo; è cultura;

è continua tensione spirituale;

è abitudine al coraggio, all’energia all’entusiasmo;

è qualità non quantità; è Formazione e informazione;

è aggregazione; è comunitarismo;

è avanguardismo;

è…AVAMPOSTO di LIBERTA’

Monday, April 23, 2007



Tg2 10 minuti si occupa del libro di Andrea Colombo sulla strage di Bologna.


Servizio Tgr Lombardia sull'inaugurazione del circolo culturale Cuore Nero.

A Valencia subito una mascalzonata!

Inizia con una sorpresa la Louis Vuitton Cup, nella prima regata di venerdì, Mascalzone Latino, l'imbarcazione del circolo Savoia di Napoli, ha battuto una delle favorite per la vittoria finale e già detentrice del trofeo nel 1998 e 2001, New Zealand. Poche virate e una risalita in bolina stretta hanno consentito al team di Vincenzo Onorato di non farsi recuperare in poppa dall'imbarcazione neozelandese che è rimasta indietro di oltre 15 secondi. Per il resto, non ci sono state sorprese. Luna Rossa, altra imbarcazione che parla napoletano con lo skipper, sempre proveniente dal circolo Savoia, Francesco De Angelis, ha vinto entrambe le regate senza problemi; lo stesso dicasi per la terza grande favorita l'americana Oracle. Perde, invece, l'unico equipaggio del nord Italia +39.
Chi vincerà la Louis Vuitton Cup avrà diritto a sfidare la detentrice del titolo e potrà cercare di sottrarle la Coppa America al meglio di 5 gare. Grazie alla svizzera Alinghi dell'armatore italiano Ernesto Bertarelli, nel 2004 l'antica coppa delle 300 ghinee è tornata in Europa dopo trecento anni.

Cresce, intanto, il rammarico per non aver visto la competizione ospitata a Napoli, città finalista per la designazione del campo di regata. La delusione allora fu simile a quella per la perdita degli Europei di calcio del 2012, perché avrebbe consentito a Napoli di riconvertire finalmente Bagnoli come Valencia ha fatto con il suo porto.

Saturday, April 21, 2007

Onorevoli delinquenti assieme a folcloristiche scimmiette:ecco con chi manifesta il governo.


Il video è stato girato all'interno dei locali di Casa Pound, celeberrimo centro della Destra sociale e nazionale della Capitale vicino alla Fiamma Tricolore, e mostra un corteo dei giovinastri dei centri sociali che provocatoriamente passano dalla sottostante via Napoleone III. Merita di essere guardato, perché, oltre agli insulti, alle provocazioni, agli infami slogans che inneggiano a "10,100,1000 Acca Larentia" pronunciati dai folcloristici parassiti tossici, è possibile riconoscere il sottosegretario all'economia On.Paolo Cento. Vi consiglio,pertanto, di fare attezione al minuto 5 e trenta secondi. Chissà quanti nuovi adepti Cento avrò reclutato e chissà quanti tra i manifestanti opteranno per nascituro partito democratico. Eh sì, perché anche le scimmiette hanno il diritto di voto. Evviva l'istigazione a delinquere...

Il Napoli Trotta!

Un goal meraviglioso all'89° di Ivano Trotta in mezza rovesciata da fuori area ha permesso agli azzurri di ottenere la terza vittoria consecutiva e di sorpassare il Genoa in classifica sconfitto a Torino. Una partita bellissima quella tra Frosinone e Napoli, iniziata con i partenoei subito all'arrembaggio e a rete con Calajò, ma il goal viene annullato per un fuorigioco inesistente. Il Napoli nel primo tempo va vicinissimo al vantaggio prima con Paolo Cannavaro, poi con Calajò di testa, ma entrambi falliscono l'occasione. Nel secondo tempo una palla persa dagli azzurri permette al Frosinone di andare in contropiede a segnare. Dopo 5 minuti, Pià, appena entrato in campo, recupera un pallone sul fondo,finta, scarta un paio di giocatori, passa in mezzo al centro dell'area e Sosa segna il pari. Mancano 15 minuti, sembra che altre occasioni non se ne vedano, quando Ivano Trotta spara una cannonata al volo che va dritta all'incrocio dei pali. Assolutamente fantastico!E' stata la vittoria del gruppo, della dirigenza, dell'allenatore, laddove in questo Napoli non ci sono titolari e, chiunque entri, dà il massimo per la squadra. E ora ne mancano 8, il testa a testa con il Genoa continua.

Ultima annotazione: l'arbitraggio ancora una volta si è rivelato indecente. Non solo al Napoli è stato annullato un goal regolare, non solo gli è stato negato un rigore, ma la terna arbitrale non è stata capace di azzeccare un fallo o un fuorigioco. Valga anche per il Frosinone.

Secondo il mito il XXI aprile del 753 A.C. venne fondata Roma, un giorno da non dimenticare per la sua stirpe.



Alza gli occhi al cielo e ci vedrai arrivare,
laggiù in quell'orizzonte,dove il cielo si confonde col mare,
al vento i gloriosi vessili che tremare han fatto il mondo intero,
cento popoli un'unica stirpe,cento popoli un grande impero...
ooh delenda carthago con i tuoi mercanti brucerai,
ooh delenda carthago per la gloria,la storia e la civiltà.
Giovani guerrieri tu vedrai marciare,
la testudo romana si scontra,e la terra comincia a tremare,
risplendono antiche armature,temprate da mille battaglie,
tremate fenici mercanti,le legioni sono arrivate...
Ooh delenda Carthago con i tuoi occhi brucerai,
ooh delenda carthago per la gloria,la storia e la civiltà.
Un corno risuona nell'aria e ci chiama alla battaglia,
e la gioventù littoria,che con impeto si scaglia,contro
chi vuol sovvertire,l'ordine naturale,che sia Roma nei secoli l'unica capitale

FORZA MUSSI!


Vi prego, concedetemi di scrivere questa eresia: nella squallida operazione che é il partito democratico sto vedendo i post-comunisti che,pur di arrivare al potere senza intermediari, non stanno avendo problemi a seppellire il loro patrimonio ideale. Fassino, Veltroni, D'Alema, Rutelli, Parisi sono tutti raggianti; solo uno sfigato é visibilmente commosso, Mussi. Lui comunista lo è sempre stato e, almeno, lo rimane senza nascondersi. E a me i vinti affascinano sempre. Per questo auguro sinceramente a Mussi di fregare tutti e di spazzar via il partito democratico alla prossima tornata elettorale.

Friday, April 20, 2007

A Luigi Ciavardini più che mai!

Canto di galera - Amici del vento

A Luigi Ciavardini più che mai!
I miei amici - Massimo Morsello.


Mascalzone Latino ha battuto New Zealand nella prima regata della LOUIS VUITTON CUP

ANCORA BOLOGNA. "STORIA NERA" LETTO IN ANTEPRIMA
Luca Telese

COLOMBO, EDITORIALISTA DI LIBERAZIONE, E' CONVINTO CHE LA MAMBRO E FIORAVANTI SIANO INNOCENTI, E HA SCRITTO UN LIBRO DI 400 PAGINE CON LORO PER DIMOSTRARLO

Le prove? Inesistenti. I testimoni? Inattendibili? I riscontri? Inconsistenti. Fa una certa impressione scorrere l'elenco delle conclusioni a cui giunge Storia nera, il libro sulla strage di Bologna, scritto da un uomo indubitabilmente di sinistra - Andrea Colombo, a lungo firma de il manifesto oggi portavoce di Rifondazione Comunista al Senato - che esce venerdì in libreria per le edizioni Cairo (380 pagine, Euro 17.00). Un libro che stupirà e susciterà polemiche (presumibilmente feroci) non solo a sinistra, ma anche a destra. Un libro costruito intorno ad un'unica tesi forte: quella che Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini (i tre imputati condannati con sentenza definitiva in due diversi processi) siano tutti e tre innocenti. Ma anche un libro che parte da un lungo lavoro di ricostruizione processuale e politico condotto insieme ai due leader storici dei Nar non privo di sorprese.

Basterebbero, come semplice saggio di queste parole durissime sui suoi predecessori nella galassia dell'estremismo nero, quelle che Fioravanti consegna a Colombo sullo stragismo in Italia: "Io - dice Fioravanti - sono convinto al 99% che a mettere la bomba a Piazza Fontana siano stati i fascisti. Non ne ho le prove, anche se le ho cercate. Nel 1980, quando del nuovo estremismo di destra si sapeva e si capiva pochissimo era del tutto comprensibile pensare che anche della strage di Bologna fossero colpevoli i fascisti. Il problema è aver voluto mantenere quella certezza anche dopo, anche quando c'erano tutti gli elementi per interpretare il quadro". Parole tanto nette, come si vede, quanto deflagranti.

VERITA' STORICA & GIUDIZIARIA. Qualcuno si chiederà perchè questo libro esca proprio ora. Ma forse solo adesso, dopo che anche la Cassazione (il 12 aprile scorso) confermando la condanna a trent'anni di Luigi Ciavardini ha detto l'ultima parola sulla Strage di Bologna, si può discutere senza il sospetto della strumentalità. E forse, proprio nel momento in cui si chiude definitivamente la complicata storia giudiziaria di uno dei processi più tormentati del dopoguerra, si può finalmente aprire lo spazio per una nuova riflessione storica. Se non altro
perchè tantissimi sono gli enigmi che restano insoluti non solo per i magistrati, ma anche per gi storici e i giornalisti che si sono occupati del caso. E anche perchè quella bomba di Bologna - 95 morti, 200 feriti - è qualcosa di più di un mistero italiano: è la più grande carneficina mai realizzata nel nostro paese, è un complicatissimo giallo processuale, è tutt'ora un enigma politico sull'identità delle destre italiane, è una spy story inquinata dall'intervento (almeno quello provato) di Servizi segreti e logge massoniche, depistaggi, condanne clamorose ed assoluzioni inspiegabili. Basti pensare che, come ricorda Colombo, l'unico imputato di cui sia stata fisicamente provata la presenza alla Stazione, Sergio Picciafuoco, è uscito definitivamente dal processo. In uno scenario di questa portata, qualunque idea si abbia, Storia nera è comunque un libro avvincente. Nella prima parte, perchè prova a dimostrare una tesi inedita e diversa da quella dei magistrati sull'origine dei Nar. Nella seconda perchè il libro è scritto come un thriller alla Perry Mason che si dedica (con un evidente scrupolo innocentista) alla demolizione progressiva di tutte le tesi dell'accusa. Una scelta di campo netta che ricorda quella di un altro solido libro sul caso, Il terrorista sconosciuto di Gianluca Semprini (edizioni Barbararossa), altro giornalista di sinistra, anche lui convinto del'innocenza del trio. Semprini aveva intrecciato il processo alla biografia di Ciavardini, Colombo compie lo stesso percorso con Fioravanti e la Mambro.

FASCISTI ANOMALI. La loro storia nera - per esempio - Colombo la legge in totale discontinuità con tutte le altre biografie del neofascismo italiano.
Un gruppo di ventenni: "Anarchici di destra", "Nichilisti", "criminali",
mossi da un'idea di contrapposizione totale allo Stato e ai suoi rappresentanti (che spiegano i loro omicidi confessati contro avversari politici prima, poliziotti, magistrati e altri estremisti di destra poi), ma che non avevano nel loro Dna l'idea della strage e la teologia del Golpe che aveva sedotto molti militanti della destra negli anni settanta: "Valerio porta il miraggio di un'anarchia di destra priva di ogni rapporto con il passato, tesa a distruggere l'eredità storica del neofascismo italiano".
Colombo da voce ad Fioravanti che sorprendemente gli consegna riflessioni come questa: "Il capitalismo garantisce possibilità di sviluppo e progresso, l'unica strada perchè alle trasformazioni rivoluzionarie Valerio non ci crede e non ci crederà mai". Ed è ancora una volta la storia di Fioravanti - già raccontata da Piero Corsini e da Giovanni Bianconi nelle loro biografie - la chiave per capire tutto. Stavolta la scrittura aiuta a capire di più i nessi con la vicenda di Bologna. Il rapporto egemonico con il fratello (che forse anche per questo diventerà prima suo complice, poi nel processo accusatore, e poi - oggi - di nuovo difensore), la carriera di enfant prodige del cinema italiano con la Famiglia Benvenuti, quella incredibile "sliding door" che lo riporta in Italia nel 1975 per una commedia sexy, quando si trova in Amerca, ed ha davanti a lui una carriera da divo: "Sua madre è malata, servono soldi, papà ha già firmato per lui un contratto per un film erotico adolescenziale, Grazie... Nonna con Edwige Fenech". Senza questo ritorno non sarebbe finito in classe, all'istituto Tozzi, con due dei suoi futuri Nar, Franco Anselmi e Massimo Carminati (anello di congiunzione con la banda della Magliana). Chi volesse cercare motivazioni psicologiche per la sua milizia armata, potrebbe studiare questa frase: "Mio fratello - racconta Fioravanti a Colombo - faceva da anni una vita da animale braccato che gli impediva di riflettere con la propria testa. Io mi sono fatto braccare con lui per fargli vedere che anche vivendo in quel modo si poteva ragionare con la propria testa".

LA MISSINA "ROSSA". E la Mambro? Colombo ricostruisce la sua biografia come quella di una singolare "missina rossa", filo-israeliana, ultra popolare, e arrabbiata contro tutto e tutti, al punto da rompere per prima il tabù che a destra teneva lontane le donne dalle armi: "Detestavamo i sambabilini. se c'era una sciopero, mentre loro difendevano il padrone, noi difendevamo gli operai". Anche lei dice di detestare fin da ragazza la contiguità con Servizi e all'esercito. "Solo anni dopo ho capito che nella logica della guerra fredda era ovvio che una parte della destra fosse contigua ai militari e una parte della sinistra al Kgb".

IL MSI E LA DESTRA. Anche il rapporto di amore odio con il Msi dove entrambi crescono, Colombo lo legge in chiave psicologico-generazionale, come una rottura come dei padri non ritenuti più adeguati. Quando il gruppo dei Nar
entra nella lotta armata - racconta Fioravanti a Colombo - "I segretari di sezione non riuscivano a controllarci ma neppure ci denunciavano. Noi eravamo un po' perfidi. trovavamo sempre il modo di coinvolgerli un po' nelle nostre azioni. Per esempio gli chiedevamo di reggerci una pistola, e quelli non potevano dirci no. Questa ipocrisia del Msi noi allora la odiavamo". Per non dire dei rapporti coi Servizi, un mondo che Fioravanti racconta con una sintesi folgorante: "Alcuni sospettavano di Avanguardia Nazionale. Altri giuravano che le mele marce erano tutte in Ordine nuovo. Ovviamente On diceva il contrario, che a collaborare erano Delle Chiaie e il Msi. Quelli di An dicevano che Delle Chiaie era un santo e le spie tutte in On e Msi". La Mambro è ancora più sarcastica con l'altro gruppo concorrente, Tp: "Marciavano in fila per due, io non lo facevo dai tempi dell'asilo, pensavo. ma questi sono scemi!". La spietatezza contro Tp e i suoi dirigenti è un altro tormentone che attraversa tutto il libro: l'accusa contro i due leader dell'epoca, Gabriele Adinolfi e Roberto Fiore, a cui i Nar rimproverano una fuga precipitosa a Londra con i soldi della cassa in tasca (che credo susciterà non poche polemiche, fra i contemporanei e gli interessati) fa parte addirittura della strategia processuale, insieme con la rivendicazione dell'idea di farli fuori (di cui l'omicidio Mangiameli era solo l'anticipazione). E ce n'è anche per una figura molto nota del neofascismo come Peppe Dimitri, a cui Mambro e Fioravanti rimproverano il ruolo di "Attendente di Delle Chiaie". Certo, anche loro non erano mammolette. Un altro della banda, Massimo Carminati - per esempio - spiega il suo progetto di vita a Fioravanti così: "Violare tutti gli articoli del codice penale". E quello: "Ma come, anche quelli sui reati sessuali?" (senza ricevere particolari smentite).

IL PROCESSO. Ma detto tutto questo Colombo si getta nel processo, a cui dedica ben sei capitoli. I giudici sostengono, per esempio che l'assalto dei Nar con bombe Srcm, alla sezione del Pci Esquilino nel 1979 era una prova generale della Strage, solo un anno prima? Lui prova a dimostrare che si trattava di una rappresaglia per l'omcidio Cecchin e che Valerio era contrario. I giudici sostengono che il testimone-chiave dell'accusa, Massimo Sparti, è atttendibile, e non aveva alcun interesse a parlare? Colombo ricostruisce il suo identikit di filonazista adorate del dio Marte, di ladro e scassinatore che aveva percosso a sangue una coppia di collezionisti numisamtici dopo averli rapinati, perchè aveva scoperto che erano ebrei, e pubblica un documento processuale trovato da Valerio da cui risulta che avrebbe rischiato anche l'accusa di concorso in omicidio per aver accompagnato suo fratello Cristiano e un altro Nar, Alessandro Alibrandi, il giorno che questi due avevano ucciso lo studente di sinistra Walter Rossi. E ricostuisce il misteri della sua scarcerazione: uscito di prigione nel 1982 con una diagnosi di tumore fulminante all'intestino, era vissuto tranquillamente altri 25 anni. E l'assassionio del leader di Tp "Ciccio" Mangiameli, che secondo i giudici sarebbe il tentantivo di far sparire un testimone scomodo? Per Colombo si tratta di un chiaro caso di faida politica, provato dal racconto del Mambro e Fioravanti, indignati per le sue battute razzistiche per il compagno d'armi (mulatto) Giorgio Vale, e per i soldi affidatigli per far evadere Conclutelli, ma utilizzati per una vacanza. Un intero capitolo è dedicato ad un altro testimone importante del processo, Angelo Izzo, ex massacratore del Circeo, ex compagno di cella di Fioravanti, l'uomo che ha indicato come responsabile materiale della strage Ciavardini. Ma come arriva a questa conclusione Izzo? Lo racconta ai giudici, riferendo di averlo saputo in carcere da una ex terrorista nera, Donatella Furiozzi, che lo aveva saputo dal suo ex compagno di Tp Diego Macciò (morto al momento dell'arresto in un conflitto a fuoco) che lo aveva saputo dall'ex Nar Massimo Cavallini (il quale però è ancora vivo, e non ha mai confermato): Insomma, una catena "de realto", e troppo lunga. Infine, la
vicenda più discussa, quella del depistaggio per cui è stato condannato Licio Gelli. Una valigetta carica di esplosivo, armi, biglietti intestati a due cittadini stranieri, che secondo i giudici serviva a scagionare i Nar e a mettere la polizia su una pista internazionale. Colombo ha buon gioco a dimostrare che non aveva senso metterlo in campo nel 1981, per scagionare Fioravanti e Mambro, se all'epoca i due non erano nemmeno inquisiti. E poi a chiedersi come poteva allontanare i sospetti dai Nar, se nell'informativa del Sisde, era indicato come acquirente dei biglietti un Nar come Giorgio Vale.

L'ONERE DELLA PROVA. Insomma, "Storia nera" ha tutti i pregi e i difetti del libro "a tesi", anche se è scritto con grande arguzia investigativa, e se produce una mole di elementi e ricostruzioni imponenti. Se c'è un capitolo che può apparire meno convincente, per esempio, è quello delle cosidette "piste alternative", in cui Colombo produce anche elementi nuovi per spiegare che i terroristi arabi potevano essere arrabbiati con l'Italia, che aveva violato una sorta di accordo ufficioso al trasporto dele armi sul suo territorio in cambio di una tregua su tutti gli attentati che insanguinavano l'Europa in quegli anni. Ma in ogni caso, visto che parliamo di un giallo che è anche processuale, non bisogna mai dimenticare che l'onere della prova non spetta alla difesa. Ma all'accusa.

(Per quelli che ne vogliono sapere di più: sabato notte, su La Sette, ore 24.00, a Tetris Valerio Fioravanti, Andrea Colombo, Guido Calvi, Gianni Barbacetto e Gianni Cipriani, ricostruiscono il processo sulla strage).

Thursday, April 19, 2007



Skoll - Ultima Frontiera
A chi non si arrende



In piedi in mezzo alle rovine

Sunday, April 15, 2007

Al Principe De Curtis.

Quarant'anni fa, il 15 aprile 1967, si spegneva il grande comico Totò. Se oggi il migliore degli uomini pubblici italiani fosse pari alla peggior caricatura degli italiani impersonata dal grande in teatro o sullo svìchermo, vivremmo in un Paese ancora ancora dignitoso...

La maggioranza rumorosa.











Thank you, I want to say thank you.
Oh yeah!


E' stato un vero e proprio successo la raccolta firme contro i Dico: hanno firmato famiglie, anziani, ma soprattutto - inaspettatamente - tantissimi giovani. Ciò ad ennesima dimostrazione che la maggioranza silenziosa non è quella che trova tanto risalto nei media grazie alle pressioni delle lobbies frociofile.
Perciò un mio personale ringraziamento va ai Camerati che mi hanno ospitato anche se non sono tesserato ad Azione Giovani, né intendo farlo;

alle giovani famigle che si sono spontaneamente avvicinate a noi per chiedere informazioni e incoraggiarci;

ai giovani che sono accorsi per firmare;

alla mia bicicletta, visto che tutti hanno voluto farci un giro;

a quell'anziano che ha iniziato a parlare della seconda guerra mondiale e non se ne voleva andare più.

Se, permettete, in ultimo, un ringraziamento particolare va:
a quell'imbecille di quaranta anni vestito da carnevale con la maglietta del Che e il capello con la stella rossa che ci ha insultato;

a quel bifolco che si è avvicinato per firmare e poi se l'è presa perché non c'era anche la possibilità per firmare a favore, come se le petizioni si organizzassero nel rispetto della par condicio.

Entrambi ci hanno dimostrato che la nostra posizione è quella giusta.Domenica prossima si replica.

Avanti autocarri!

I DICO NO!


Auguri!

Saturday, April 14, 2007

Che sia meglio diventare tutti cinesi?
Maurizio Blondet.

E così, anche Milano ha la sua Secondigliano: il quartiere dove le pattuglie che vanno ad arrestare un pregiudicato sono circondate da folle urlanti, che sottraggono il ricercato alla legge e ai suoi tutori con lancio di oggetti dai balconi, violenze varie e magari revolverate. Solo che la Secondigliano milanese è un quartiere centrale: via Paolo Sarpi e le vie limitrofe, il cosiddetto quartiere cinese.
Qui sono scoppiati disordini per una multa. Una donna cinese, multata dai vigili, è stata soccorsa dai cinesi che lì hanno negozi e magazzini, laboratori e clandestini in numero enorme. Uno scontro violentissimo, con percosse, distruzioni di auto e sventolio di bandiere rosse con la stella comunista di Pechino, che non si è calmato mentre scrivo: vigilantes cinesi non fanno avvicinare i poliziotti.
Zona vietata. Roba loro.
Chi non è di Milano può non sapere: quella zona è a due passi dal Castello Sforzesco, un quartiere che potrebbe essere di lusso se non l'avessero accaparrato i cinesi con le loro attività essenzialmente illegali e lucrose.
Hanno mandato via gli abitanti, vecchi pensionati milanesi per lo più.
Minacciano e intimidiscono quei pochi che resistono.
Ma hanno pagato case e negozi: in contanti, contanti in grosse valige.
Tutto governato dalle Triadi, una mafia che la nostra mafia, al confronto, è una filodrammatica di paese.
Ultrasegreta, sfruttatrice e spietata.
Sono le Triadi che portano qui i clandestini, e li sfruttano per decenni, taglieggiando i loro guadagni. Ritirano loro i passaporti. I passaporti dei morti vengono rivenduti ai taglieggiati vivi, un furto continuo di identità, una totale illegalità totalmente impunita. Tutto questo è noto da sempre, ma naturalmente le (cosiddette) autorità fanno finta di nulla, perché i cinesi sono «tranquilli».
Salvo che è scoppiata «l'emergenza». Un'altra emergenza italiota.

I cinesi sono lesti a capire che qui le leggi non valgono, che l'arroganza e la massa hanno sempre la meglio.Vedono anche loro la TV, capiscono benissimo l'italiano (anche se fanno finta del contrario), ed hanno capito subito che qui l'esempio da seguire è Mastella, Tronchetti Provera, o il senatore a vita Emilio Colombo, che manda le Fiamme Gialle della sua scorta a comprare la coca.
Gli impuniti, l'impunità, la vacuità della legge inapplicata, le mani legate della sedicente forza pubblica, sono fatti che ogni immigrato capisce al volo.
Qui può malfare impunito, per di più con un'assistenza sanitaria gratuita che in Cina non si sogna nemmeno nel delirio dell'oppio, e incredibili agevolazioni per il mutuo-casa negati ai cittadini italiani, e gli assegni familiari.
In più, naturalmente, il pietismo italiota: «Ricordiamoci che anche noi eravamo un popolo di emigranti».
Appunto, ci ricordiamo: i nostri emigranti in USA e nelle miniere del Belgio, mica trovavano le ASL gratuite e le case a prezzo basso sottratte agli abitanti locali.
Dovevano sgobbare, mantenersi sani e dormire in baracche e nei retrobottega.
Naturalmente, la brava gente italiana, tartassata da Visco, ora si allarma.
E dice: visto che quelli sventolano la bandiera della Cina, allora espelliamoli in Cina, è il loro Paese.
Errore: i cinesi hanno quasi tutti la cittadinanza italiana.
L'hanno avuta con facilità, perché noi siamo buoni, e perché ci sono i corrotti nelle amministrazioni, e inoltre la Caritas aiuta e assiste nelle pratiche.
Privare della cittadinanza gli sbandieratori, i neo-patrioti di Pechino, sarebbe una mera giustizia: ma da noi non vige la giustizia, vige il diritto «positivo» e la manica larga.
E loro l'hanno capito benissimo.
A Pechino, sarebbero già tutti passibili di fucilazione per quello che hanno fatto; da noi, lo sanno, si può fare tutto.Specialmente se si è in tanti e prepotenti.
Ebbene: in questo, sono del tutto italiani.
Perfettamente integrati alla illegalità generale.
E' vero che hanno chiamato in loro aiuto il console cinese (pensate se degli australiani d'origine italiana chiamassero, dopo una rivolta, il console italiano in piazza con loro), ma anche questo è possibile in Italia a cittadini italiani per tornaconto, ma non per volontà.
Anzi solo qui.
Ebbene, vi dirò: hanno ragione loro.
Il Comune di Milano commina multe erosissime; un divieto di sosta costa un decimo di un magro stipendio «normale» a Milano.
Evidentemente i vigili hanno provato ad applicare il taglieggio anche ai cinesi, ed è successo quel che è successo. Il guaio è che noi italiani nati e vissuti qui, quando siamo multati, non abbiamo la solidarietà armata del vicinato. Noi siamo soli.
Isolati. Circondati da un vicinato indifferente, se non ostile. Che non ha solidarietà per un membro del popolo che viene taglieggiato dalle burocrazie spoliatrici. Che non si sente offeso in massa dall'offesa o dall'ingiustizia fatta ad uno di noi. Noi, solo noi, non abbiamo attorno una nazione pronta a difenderci, a solidarizzare, a condividere la resistenza contro l'oppressore.
Perciò noi siamo sur-tassati.
Nè abbiamo agevolazioni per la prima casa.
Noi dobbiamo condividere le affollate sale d'aspetto delle ASL e dei pronto-soccorsi con miriadi di emigrati pieni di figli a carico del sistema - un sistema sanitario che noi abbiamo pagato da una vita e continuiamo a pagare, e loro no.
Per noi niente sconti, niente solidarietà per le nostre povertà, nessun aiuto della Caritas e dei «mediatori culturali» per farci avere il posto in ospedale o il sussidio per la badante della mamma con l'Alzheimer.
Quelle cose, prima, agli immigrati; e poi anche a noi, se resta qualcosa.
Non resta mai nulla.
I veri stranieri siamo noi.

Siamo noi gli estranei senza cittadinanza, per i poteri burocratici che ci sgovernano. Noi cittadini ligi alle norme, e alla buona educazione.
Noi che non saltiamo le file, che non minacciamo, che paghiamo le multe che ci portano via un decimo della pensione e del salario.
Noi ligi veniamo dopo tutti.
Davanti a un magistrato, la nostra parola vale quella del pregiudicato che ci ha truffato o derubato o rapinato; anzi la sua vale di più, perché il giudice già lo conosce e conosce il suo avvocato.
Davanti all'ufficio-tasse, siamo per principio sospetti di evasione.
Noi che ci mettiamo in fila, che non cerchiamo o non abbiamo raccomandazioni, siamo gli ultimi ad essere serviti dal «servizio pubblico».
Prima i pregiudicati, prima i negri, prima gli zingari rumeni.
Prima i cinesi.Abbiamo sbagliato tutto. Dovremmo diventare anche noi cinesi, o almeno camorristi: unirci, far paura, pretendere con arroganza l'impunità.
Solo che non abbiamo una bandiera da sventolare.
E nemmeno un console straniero che scenda in piazza a proteggere la nostra insubordinazione.
Ma quale?
Noi non siamo insubordinati.
Noi obbediamo.
Per questo siamo stranieri in Italia.
Per questo siamo immigrati appena sbarcati nel Paese in cui siamo nati, e che manteniamo con il lavoro e le tasse.

Tradizioni: parte alle 16 il presidio antifascista organizzato dal centro sociale Torchiera per protestare per l'apertura del ciroclo Cuore Nero contro la cui sede è già stata fatta scoppiare una bomba appena 3 giorni fa. Si vede che hanno finito il tritolo.

Riti: Sarà inaugurata lunedì 15, nell'anniversario del rogo, la sede dell'associazione fratelli Mattei nata per ricordare il tragico incendio che nel '73 venne appiccato all'abitazione del segretario del MSI di Primavalle e vide morire i figli Stefano e Virgilio. Alla cerimonia sarà presente il sindaco di Roma Veltroni. Non é stato invitato, invece,nessun esponente di AN. Del resto i nemici uno se li sceglie, i parenti no. Anche se Fini...loro no!



Il 25 novembre 1970 il celebre scrittore e patriota Yukio Mishima,a soli 45 anni, per protestare contro la rinuncia del Giappone a difendere i valori tradizionali, si suicidò in diretta tv.

Poesie di addio al mondo” (Jisei)

Prima brina, oggi,
per il guerriero
che tante volte
si è indurito
al suono della spada sfoderata.

Non importa cadere.
Prima di tutto.
Prima di tutti.
E‘ proprio del fior di ciliegio
cadere nobilmente
in una notte di tempesta.

Oggi, nel giorno atteso,
a conoscere quello
che è racchiuso nel mio cuore,
che da tempo ha giurato,
sarà la sola tempesta?

Ah, l‘amor di patria
che brucia come il fuoco!
Esso durerà fin quando
avrò la forza di non
distogliere lo sguardo
da Sua Maestà Perenne.

Tra una nuvola e l‘altra
cade bianca la neve.
E‘ il cuore della poesia
che canta il Fujiyama
la vera via del guerriero.

Non fa differenza combattere
da leone o tigre.
Se è per la patria,
anche la vita del guerriero
e‘ accolta tra gli dei.

Friday, April 13, 2007

Tomorrow Belongs to me!

L'inno più conosciuto dalla giovane destra "Il domani appartiene a noi" nasce - secondo la "leggenda" - da un foglietto recapitato a Stefania Paternò al Campo Hobbit recante la traduzione dell'inno "Tomorrow belongs to me" che, nel film "Cabaret" di Bob Fosse, era cantato da due giovani nazisti seguiti in coro dagli avventori di una locanda tedesca. La battuta finale, tradotta, suona: pensi ancora che li fermerete? La volontà era di spaventare: l'effetto, al contrario, è esaltante...



Ultima Thule - Fädernesland(la terra dei padri).
La canzone é stata tradotta in italiano e riarrangiata dagli Aurora.

I miei primi passi sopra questo suolo
E già sentivo che era la mia terra
Imparai ad amare nello specchio di un lago
E respirai l'aria fredda di una vetta

La mia vita è qui e qui combatterò
Per la terra dei miei padri
La mia vita è qui e qui combatterò
Per la terra dei miei padri

Un sole caldo mi portò davanti al mare
Una nuova luna mi spinse alla battaglia
Antiche mura mi parlano di gesta
E civiltà sepolte nel passato

La mia vita è qui e qui combatterò...

Nel volto di un vecchio trovai orgoglio e dignità
Nel suo coraggio la voglia di lottare
La libertà risplende come il sole
Nessun inverno la potrà mai cancellare

La mia vita è qui e qui io morirò
Per la terra dei miei padri
La mia vita è qui e qui io morirò
Per la terra dei miei padri

La mia vita è qui e qui combatterò
Per la terra dei miei padri
La mia vita è qui e qui combatterò
Per la terra dei miei padri



Anche se tutti noi...NOI NO! - La Compagnia dell'Anello.

Legge cinese per i Cinesi.
Se vogliono fare i comunisti, aiutiamoli ad integrarsi.
Ieri la rivolta è stata gestita in malo modo, come al solito: i Cinesi che si opponevano allo Stato dovevano essere presi a calci e pugni in faccia, sprangati, arrestati, incarcerati, quelle pezze rosse che sventolavano dovevano essere bruciate, o usate per scopi meno nobili; i cinesi dovevano essere sbattuti su dei vagoni merce e rispediti in Cina con in testa quel bizzarro personaggio del console cinese, i negozi chiusi, le strade decinesizzate. Bastava applicare le leggi dello stato che loro tanto apprezzano: la Cina.

In Cina lo stato uccide per: allevamento di bestiame illegale- omicidio - tentato omicidio - omicidio colposo - uccisione di una tigre - rapina a mano armata - rapina - stupro -ferimento - assalto - furto ripetuto - furto - intrusione - rapimento -traffico di donne o bambini - organizzazione della prostituzione -organizzazione di spettacoli pornografici - pubblicazione di materiale pornografico - teppismo - disturbo dell'ordine pubblico - esplosioni provocate - distruzione o danneggiamento della proprietà pubblica o privata - sabotaggio controrivoluzionario - incendio - traffico di droga -corruzione - truffa - concussione - frode - usura - contraffazione -rivendita di ricevute IVA - evasione fiscale - furto o costruzione illegale di armi - possesso o vendita illegali di armi e munizioni - furto o contrabbando di tesori nazionali e reliquie culturali - spaccio di denaro falso - ricatto.

LE ESECUZIONI

Sotto la supervisione della Suprema Corte del Popolo, l'Accademia cinese di Scienze Mediche ha rivisto l'uso del metodo chimico delle esecuzioni. Gli scienziati cinesi hanno condotto più di 1000 esperimenti sugli animali ed i boia hanno testato la loro tecnica iniettando la miscela ai conigli. L'uso della iniezione letale è stato permesso dalla legge cinese dal 1996. La prima esecuzione di questo tipo è stata compiuta in Kunming, una regione del sud ovest, nel marzo del 1998. Più di recente, a giugno, otto prigionieri condannati a morte hanno ricevuto l'iniezione letale nella parte ad ovest della città di Chengdu. Come riportato dall'agenzia di stampa Statale Xinhua , una bozza di regolamenti riguardante "le diverse questioni chiave relative all'adozione della iniezione letale come metodo di esecuzione" è stata sottoposta al Comitato Giudicante della Suprema Corte del Popolo. D'accordo con Shen Deyong, vice presidente della Suprema Corte del Popolo, la corte del popolo ha condotto i processi nelle città, incluse Kunming, Wuhan, Chengdu,Hang zhou e Luoyang.

PROPOSTA:
Visto che si sentono tanto patrioti, e tanto cinesi, per farli integrare, potremmo applicare la legge cinese a tutti i cinesi d'italia!

L'istigazione a delinquere di Liberazione

Di seguito è riportato un articolo pubblicato il 5/04 sul quotidiano comunista Liberazione riguardo all'apertura del circolo Cuore Nero. Da notare come siano minuziosamente elencati tutti gli indirizzi di circoli e negozi di destra
e come l'articolo si chiuda con una chiara istigazione a delinquere, evidentemente non rimasta inascoltata, visto che una bomba è davvero esposa presso il circolo che doveva essere(e lo sarà!) inaugurato sabato.Scrive, infatti, il cronista
"forti anche di un’azione di contrasto che in questi ultimi anni non ha saputo essere adeguata alle esigenze ed è spesso stata abbandonata e relegata alle dimensioni giovanili dai grossi soggetti della politica cittadina.Che a questo punto però dovrà saper battere un colpo. Necessariamente forte".E più forte è stato, praticamente una bomba.

Ci sarà tutto il gotha dell’estrema destra a inaugurare, il 14 aprile, l’occupazione “non conforme”a duecento metri da un vero centro sociale, il Torchiera, già assaltato dagli skinheads fascisti
Se i fasci scopiazzano i rossi
A Milano apre “Cuore nero”


di Francesco Purpura
Un tempo si chiamavano “case del fascio” e da lì partivano le spedizioni squadriste contro militanti di sindacati e partiti della sinistra. Oggi,dopo oltre sessant’anni, hanno cambiato nome ma non sostanza. Si chiamano con nomi fortemente
espliciti, come CasaPound, la più famosa occupazione della destra radicale romana, oppure utilizzano etichette apparentemente neutre come Comunità Giovanile,a Busto Arsizio, oppure ancora si presentano come pub un po’ particolari come l’Asso di Bastoni a Torino. A volte con connotazioni più marcatamente
politiche, altre volte invece più mascherati da luoghi ibridi d’aggregazione, sono le nuove rampe di lancio della destra radicale giovanile nel nostro paese e stanno prendendo piede ad un ritmo vertiginoso. Tra pochi giorni un nuovo punto di questa pericolosa rete nera aprirà a Milano. Si chiamerà Cuore Nero e sarà inaugurato ufficialmente sabato 14 aprile in viale Certosa 311. Per festeggiare i promotori hanno invitato tutti:Fiore, Mussolini, Tilgher, Rauti,Romagnoli, Storace, Canu, Staiti di Cuddia, Guaglianone,a comporre una foto completa
dell’estremismo di destra degli ultimi trent’anni. Ma a fare da “padrini” all’iniziativa saranno ci certamente alcuni dei peggiori personaggi del neofascismo nostrano. Guido Girando, giornalista cinquantenne,cresciuto nella redazione del “Candido” di Guareschi e Giorgio Pisanò (a sua volta fondatore del partitoossimoro “Fascismo e libertà”),ex dirigente nazionale del Fuan e componente del gruppo musicale “Amici del Vento”; Maurizio Murelli, fondatore della rivista Orion e della libreria “La Bottega del Fantastico” di via Plinio e famoso dal 12 aprile del 1973 quando, insieme a Vittorino Loi, figlio del pugile Duilio,scesero in piazza per partecipare ad un corteo del Msi con alcune bombe a mano con le quali uccisero l’agente di Polizia Antonio Marino; Gabriele Adinolfi, fondatore di Terza Posizione, gruppo armato che negli anni settanta si rese protagonista di decine di aggressioni a sedi e militanti della sinistra romana e vero animatore e promotore di questa rete giovanile di estrema destra.Ma non di solo passato si tratta:la particolare natura delle esperienze che in questi anni sono spuntate come funghi in molte città italiane sta nella capacità di tenere assieme le
vecchie generazioni con le nuove, evitando il reducismo delle figure storiche del passato e riattualizzando invece con un immaginario molto giovanile e moderno i miti d’area d’un tempo. Sulle loro magliette scrivono “Calci e Pugni”, come marca antibuonista alternativa alla modaiola “Baci e Abbracci” e grazie a Todo, soprannome del leader milanese dell’arcipelago neonazi e del gruppo ultrà Irriducibili dell’Inter, insegna di un negozio nella vicina Via Pareto che ha fatto da precursore in zona Certosa da almeno un paio d’anni. Ma non solo:
“Nel dubbio, mena!”, “Accademia del sampietrino”, “Odio Livorno”, “Quarto Oggiaro stile di vita” su polo e felpe, con grafiche accattivanti e immagini forti, per trasmettere un moderno orgoglio d’appartenenza ad una comunità militante (così gli piace chiamarsi) che ha la velleità di rivendicare profonde radici storiche ma al contempo di strizzare l’occhio all’immaginario maschio, truce e stradaiolo delle periferie metropolitane. Difatti il network di cui stiamo parlando è quello a cui appartengono gli aggressori del Centro Sociale Conchetta di due anni fa (tre accoltellati sul selciato, di cui uno grave), del gruppo “Ambrosiana Skins” della zona Porta Romana e più in generale le giovani generazioni che tra stile bonheads, curva nord (ma ormai anche la sud) di S.Siro si sono rese protagoniste dell’escalation di violente aggressioni negli ultimi tre anni a Milano.A duecento metri dalla nascente casa del fascio ha sede da dodici anni il centro sociale Torchiera, già assaltato nel ’97 da cinquanta di Azione Skinheads, precursori di Cuore nero, armati di coltelli e spranghe. Poco dopo c’è il campo nomadi di Via Triboniano, meta fissa delle allarmanti speculazioni della destra locale in materia di sicurezza. In zona sono numerose le associazioni di cittadini attive sui temi della solidarietà, della difesa del territorio dalle speculazioni urbanistiche, per la salvaguardia dell’ambiente.Gli emergenti camerati milanesi hanno scelto un
luogo non casuale dove rilanciare la loro presenza in città. Scommettono pesante e rilanciano,forti anche di un’azione di contrasto che in questi ultimi anni non ha saputo essere adeguata alle esigenze ed è spesso stata abbandonata e relegata alle dimensioni giovanili dai grossi soggetti della politica cittadina.Che a
questo punto però dovrà saper battere un colpo. Necessariamente forte.




E più forte fu, praticamente una bomba...

Dico a te
Lettera aperta a tutti coloro che possono fare del caso Ciavardini un nuovo caso Sofri ma che sono troppo attenti e prudenti

Dico a te. A te deputato, onorevole, politico, della CdL che spendendoti per Luigi Ciavardini sei stato contento di poter mostrare che in fondo, in fondo non avevi tradito. Dico a te, borghese della società bene, intelligente e moderato radicale di destra, che di solito non ti mischi con la canaglia imbarazzante del fronte strada, e che sei stato invece lusingato di accompagnarti al bel Luigi, presentandolo nei salotti neri: faceva così chic! Dico a te, giornalista che hai colto l'occasione di scrivere finalmente un pezzo garantista in modo da superare un pochino il complesso d'inferiorità che provi verso i colleghi di sinistra che fino ad allora ti guardavano dall'alto in basso, e che continuano a farlo... E non lo dico a te, camerata che organizzando incontri e concerti forse hai anche spalancato la ruota del pavone perché lui ti stava accanto trattandoti pubblicamente da pari a pari, e con la sua modestia e naturalezza di sempre non ti faceva sentire l'immensa distanza che vi separa. A te non lo dico perché tu puoi fare poco o niente. E quel poco che puoi fare immagino che lo farai comunque. Ma lo dico a te, uomo di Palazzo, uomo di contatti, uomo di giornalismo e di comunicazione che magari hai vissuto quel sabato a Roma tra tremila fiaccole in marcia e ti sei sentito protagonista mentre in questa storia eri, e sei sempre rimasto, una comparsa quando non un parassita. Lo sai, vero? Lo sai che un uomo innocente, un uomo coraggioso, un uomo generoso, perseguitato come neanche Sacco e Vanzetti avrebbero immaginato fosse possibile, è stato condannato due volte in un mese contro ogni evidenza, contro ogni civiltà giuridica, contro ogni forma di rispetto umano e di senso di giustizia. Lo sai, vero? Lo sai che quell'innocente, forse, lo hai fatto condannare anche tu? Tu, come me, come tutti noi; perché portare in piazza la Verità contro il Sopruso di potere non è mai una cosa buona, non è mai una cosa vincente. Non lo è se quell'azione non si supporta con un continuo, indefesso, operato sia politico, sia comunicativo; rivolto a tutto, a tutti, anche e soprattutto ai Magistrati. Un operato che non si può lasciare, come lo si è lasciato, all'Ora della Verità che sarebbe come voler combattere una guerra mandando avanti un fante. Lo sai, vero? Lo sai che tenendo un basso profilo, essendoti impegnato sì ma tiepidamente, essendoti speso sì ma con non chalance, non avendoci creduto, non avendone fatto il tuo impegno prioritario, quotidiano, irrinunciabile, la tua ossessione, anche tu lo hai condannato? E ora che fai? Lo lasci marcire in gabbia per ricordarti magari di lui una o due volte all'anno; a una commemorazione e prima di un'elezione? Lasci che i suoi figli portino il peso della sua insopportabile assenza insieme con il marchio d'infamia di figli dello stragista, visto che non possono essere ritenuti da tutti quello che realmente sono, orfani della giustizia? Adriano Sofri, condannato dopo sette processi (due più di Luigi) è uscito. Lo hanno tirato fuori. Eppure aveva contro di lui indizi pesanti; anzi, a esser più precisi, delle prove, visto che la chiamata di correo è probante. E riguardo a Luigi non c'era nemmeno materia per un rinvio a giudizio! Adesso tu mi dirai: ma loro sono potenti, loro sono organizzati, loro sono ovunque, loro sono conniventi. E io ti dico: l'importante è crederci. L'importante è subissare il Presidente della Repubblica – dico subissare – con le tue richieste di grazia; una alla settimana; senza che intervenga, però, l'autoconsiderazione borghese a suggerirti ponderazione, a farti temere il ridicolo. L'importante è scrivere un articolo ogni settimana, a rischio di perdere il posto. L'importante è fare del grido “Luigi libero!” l'equivalente catoniano di “Cartagine distrutta!” L'importante è crederci sempre, per mesi e forse per anni, senza mai abbassare la tensione. L'importante è che in calce a interventi, volantini, manifesti, eventi appaia sempre “Liberiamo Ciavardini”. L'importante è porre riparo a quest'ignominia, lenire quest'insopportabile ingiustizia. Non lo si può fare delegando, né impegnandosi superficialmente, di tanto in tanto, con ammiccata complicità, tra una stretta al braccio e un occhiolino. Si riuscirà invece a farlo se questa diventa la prima e fondamentale preoccupazione di ogni individuo “credibile” come lo sei tu. L'ho detto a te. Ora sta a te rispondermi, risponderci, rispondergli. O t'impegni a farne un caso Sofri o è meglio che tu sparisca in una pattumiera perché se non hai il coraggio, la tenacia, la costanza, l'amore e la rabbia per farne un caso Sofri allora sei peggio di quelli che lo hanno condannato perché non hai spina dorsale. I tempi sono sempre più difficili, qui servono uomini eretti! Come Luigi! Gabriele Adinolfi