Thursday, October 11, 2007

Intervista del Corriere a Rauti.

«Solita accusa, è la terza Sono un perseguitato in servizio permanente»

ROMA — A palazzo Ruspoli, nel cuore di Roma, l'ex capo di Ordine Nuovo, Giuseppe «Pino» Rauti ha appena partecipato alla presentazione del ritorno alle stampe di uno storico periodico della destra, II Borghese. Dopo la richiesta di rinvio a giudizio da parte dei procuratori di Brescia, con l'accusa di concorso nella strage di piazza della Loggia si sente «un perseguitato politico, in servizio permanente effettivo»

E' preoccupato?
«No, sono avvilito e sbalordito».

Perché avvilito?
«Perché alla mia età, ho 81 anni, è la terza volta che mi accusano di un reato di strage. Prima quella di piazza Fontana, poi quella della stazione di Bologna. In entrambi i casi sono stato completamente assolto: anzi, chi mi accusava per la strage del 2 agosto è stato condannato per depistaggio. Adesso anche Brescia. E chi sono? Uno stragista a vita?».

E sbalordito?
«Perché vogliono rinviarmi a giudizio senza neppure essere stato interrogato una volta: cercano di appiopparmi un reato da ergastolo senza sentirmi. Penso che non ci sia nessun precedente del genere in Italia. Pensi che avevo saputo che ero indagato, e allora mi sono fatto vivo con i magistrati e ho chiesto: ascoltatemi. Bene, neppure allora mi hanno chiamato. Ora, con 170 mila fogli di documenti da studiare non avrò neppure il tempo tecnico per difendermi, visto che l'udienza preliminare è fissata per il 13 novembre. E solo per le fotocopie dovrò spendere decine di milioni del vecchio conio per procurarmi gli atti. La verità è che io sono un caso limite di perseguitato politico: un perseguitato politico in servizio permanente effettivo».

A che scopo?
«L'idea che mi sono fatta è che sia in passato sia adesso le accuse contro di me hanno un motivo ben preciso: servono per facilitare il centrismo. Oggi come allora, la situazione italiana non è bella. Tanto vale dare in pasto all'opinione pubblica persone delle cosiddette due ali estreme, a sinistra e a destra, teste calde o peggio, stragisti "che spargono sangue", per convincerla a sopportare. E vengono fuori le farneticazioni di certi magistrati. Lo stesso è accaduto negli anni Settanta con la Dc, quando c'era la corruzione».

La strategia della tensione è esistita davvero?
«Certamente. Vuole la prova? Basta fare una statistica degli atti di violenza minore: si può constatare che mai nello stesso giorno si sono verificati attentati dello stesso "colore". Se non ci fosse stata una regia, sarebbe stato impossibile».

Ma lei Maifredi, l'autista del ministro Taviani, di cui è stato chiesto il rinvio a giudizio con lei, lo conosceva o no?
«Dopo trent'anni non riesco a ricordare. Può essere che lo conoscessi. Ma come vede, durante incontri e convegni vedo decine, centinaia di persone. Non è così facile, dopo tanto tempo, rispondere alla domanda: "Lei conosceva Maifredi?"».

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