Dico a te
Lettera aperta a tutti coloro che possono fare del caso Ciavardini un nuovo caso Sofri ma che sono troppo attenti e prudenti
Dico a te. A te deputato, onorevole, politico, della CdL che spendendoti per Luigi Ciavardini sei stato contento di poter mostrare che in fondo, in fondo non avevi tradito. Dico a te, borghese della società bene, intelligente e moderato radicale di destra, che di solito non ti mischi con la canaglia imbarazzante del fronte strada, e che sei stato invece lusingato di accompagnarti al bel Luigi, presentandolo nei salotti neri: faceva così chic! Dico a te, giornalista che hai colto l'occasione di scrivere finalmente un pezzo garantista in modo da superare un pochino il complesso d'inferiorità che provi verso i colleghi di sinistra che fino ad allora ti guardavano dall'alto in basso, e che continuano a farlo... E non lo dico a te, camerata che organizzando incontri e concerti forse hai anche spalancato la ruota del pavone perché lui ti stava accanto trattandoti pubblicamente da pari a pari, e con la sua modestia e naturalezza di sempre non ti faceva sentire l'immensa distanza che vi separa. A te non lo dico perché tu puoi fare poco o niente. E quel poco che puoi fare immagino che lo farai comunque. Ma lo dico a te, uomo di Palazzo, uomo di contatti, uomo di giornalismo e di comunicazione che magari hai vissuto quel sabato a Roma tra tremila fiaccole in marcia e ti sei sentito protagonista mentre in questa storia eri, e sei sempre rimasto, una comparsa quando non un parassita. Lo sai, vero? Lo sai che un uomo innocente, un uomo coraggioso, un uomo generoso, perseguitato come neanche Sacco e Vanzetti avrebbero immaginato fosse possibile, è stato condannato due volte in un mese contro ogni evidenza, contro ogni civiltà giuridica, contro ogni forma di rispetto umano e di senso di giustizia. Lo sai, vero? Lo sai che quell'innocente, forse, lo hai fatto condannare anche tu? Tu, come me, come tutti noi; perché portare in piazza la Verità contro il Sopruso di potere non è mai una cosa buona, non è mai una cosa vincente. Non lo è se quell'azione non si supporta con un continuo, indefesso, operato sia politico, sia comunicativo; rivolto a tutto, a tutti, anche e soprattutto ai Magistrati. Un operato che non si può lasciare, come lo si è lasciato, all'Ora della Verità che sarebbe come voler combattere una guerra mandando avanti un fante. Lo sai, vero? Lo sai che tenendo un basso profilo, essendoti impegnato sì ma tiepidamente, essendoti speso sì ma con non chalance, non avendoci creduto, non avendone fatto il tuo impegno prioritario, quotidiano, irrinunciabile, la tua ossessione, anche tu lo hai condannato? E ora che fai? Lo lasci marcire in gabbia per ricordarti magari di lui una o due volte all'anno; a una commemorazione e prima di un'elezione? Lasci che i suoi figli portino il peso della sua insopportabile assenza insieme con il marchio d'infamia di figli dello stragista, visto che non possono essere ritenuti da tutti quello che realmente sono, orfani della giustizia? Adriano Sofri, condannato dopo sette processi (due più di Luigi) è uscito. Lo hanno tirato fuori. Eppure aveva contro di lui indizi pesanti; anzi, a esser più precisi, delle prove, visto che la chiamata di correo è probante. E riguardo a Luigi non c'era nemmeno materia per un rinvio a giudizio! Adesso tu mi dirai: ma loro sono potenti, loro sono organizzati, loro sono ovunque, loro sono conniventi. E io ti dico: l'importante è crederci. L'importante è subissare il Presidente della Repubblica – dico subissare – con le tue richieste di grazia; una alla settimana; senza che intervenga, però, l'autoconsiderazione borghese a suggerirti ponderazione, a farti temere il ridicolo. L'importante è scrivere un articolo ogni settimana, a rischio di perdere il posto. L'importante è fare del grido “Luigi libero!” l'equivalente catoniano di “Cartagine distrutta!” L'importante è crederci sempre, per mesi e forse per anni, senza mai abbassare la tensione. L'importante è che in calce a interventi, volantini, manifesti, eventi appaia sempre “Liberiamo Ciavardini”. L'importante è porre riparo a quest'ignominia, lenire quest'insopportabile ingiustizia. Non lo si può fare delegando, né impegnandosi superficialmente, di tanto in tanto, con ammiccata complicità, tra una stretta al braccio e un occhiolino. Si riuscirà invece a farlo se questa diventa la prima e fondamentale preoccupazione di ogni individuo “credibile” come lo sei tu. L'ho detto a te. Ora sta a te rispondermi, risponderci, rispondergli. O t'impegni a farne un caso Sofri o è meglio che tu sparisca in una pattumiera perché se non hai il coraggio, la tenacia, la costanza, l'amore e la rabbia per farne un caso Sofri allora sei peggio di quelli che lo hanno condannato perché non hai spina dorsale. I tempi sono sempre più difficili, qui servono uomini eretti! Come Luigi! Gabriele Adinolfi
Friday, April 13, 2007
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