I re dei rom sono italiani.
Maurizio Blondet, come sempre illuminante.
Stavolta faccio un appello ai lettori: scrivano lettere a Vespa, a Costanzo, alla sua orribile moglie De Filippi. Scrivano a Petruccioli, alla puttanona dell’Isola dei Famosi; scrivano ai direttori di rotocalchi immondi come «Chi» – scrivano a tutti quelli di questo tipo che vengano loro in mente – per minacciarli. Li seppelliscano di minacce e di avvertimenti. Li minaccino di embargo, ritorsioni, di querele e denunce per apologia di reato, vilipendio della nazione o altro crimine si possa escogitare, se… se osano presentare in uno dei loro spettacoli da rifiuto solido il rom Marco Ahmetovic. Marco Ahmetovic è infatti sul mercato dello spettacolo, come certamente già sapete. Si tratta del rom che, guidando totalmente ubriaco, ha ammazzato quattro ragazzi, e per questo è stato condannato ai domiciliari in un residence(1). Ora, lo stragista alcoolico ha un agente-stampa che ne cura l’immagine, tale Alessio Sundas. Il quale ha sganciato all’assassino 40 mila euro anticipati per avere l’esclusiva: si parla di un servizio fotografico da vendere al miglior offerente – se lo contenderanno «Chi», «Visto», «Novella Tremila» – e per le interviste e partecipazioni a talk shows. Ahmetovic, a quanto pare, ha già venduto a Sundas per 150 mila euro i diritti di un libro, ci informano i giornali, «sulla sua vita di ragazzo rom». Titolo sbagliato alla radice: «Anch’io sono un essere umano» (non si «è» esseri umani: lo si diventa, è un compito e uno sforzo). Ma andrà a ruba: se lo aggiudicherà Mondadori? Rizzoli? La gara è aperta. Non scrivete al massacratore, in questa vicenda lui è il meno colpevole. Scrivete a Vespa, Costanzo, alla moglie del Costanzo medesimo, ai caporioni di Mediaset e della RAI: certamente già si stanno strappando di mano il rom, per i loro immondi spettacoli, a fior di soldi. Ed ora che ci penso, scrivete anche al losco miliardario Oliviero Toscani, che non ci accada di trovare la faccia dello zingaro ubriacone sui colossali manifesti, United Colours of Benetton. Scrivete che, se lo fanno, sono loro – più che i rom assassini – che meritano l’espulsione per decreto dalla repubblica italiana. Scrivete che li ritenete i mandanti e i caporioni degli zingari stranieri accampati da noi per rubare e ammazzare signore che tornano a casa la sera e ragazzi che stanno mangiando il gelato. Non c’è infatti nessuna differenza: gli zingari non sentono alcun dovere verso la società che li ospita. Anche Vespa, Costanzo e De Filippi – i re dei rom – non sentono alcun dovere. Non riconoscono alcuna responsabilità verso la comunità. Loro cercano mostri da esibire, loro li pagano per farceli vedere, che lo vogliamo o no, per porceli come modelli ed esempi della post-modernità permissiva. Perché i mostri morali che la De Filippi seleziona e presenta a milioni di spettatori sono modelli: tutta la sub-umanità delle discoteche e della coca è lì ad ammirarli e ad imitarli. Orecchini, tatuaggi, gergo, machismi e sessualismi da balera e da periferia: tutti incitati a diventare rom, perché ci si guadagna, perché «si cucca», perché si «va in tv». Ci dev’essere una legge contro la conduzione della tv in stato di ebbrezza da denaro, contro lo stupro del pubblico per audience, ossia aggravato dai futili, indegni motivi. Ho ipotizzato: apologia di reato, vilipendio della nazione. Ma ora mi accorgo di aver sbagliato: no, da noi non ci sono leggi che difendano la collettività, semplicemente, dal male. Ci sono leggi che legalizzano l’aborto, la prostituzione-sfruttamento, lo spaccio di coca. Ci sono leggi contro chi indaga sulla shoah. Ma leggi che proteggano dalla glorificazione di modelli mostruosi, dallo scandalo che si dà agli sprovveduti l’indecenza esibita, non ce n’è nemmeno una. Non ci sono leggi che applichino le pene per atti osceni in luogo pubblico a Costanzo, De Filippi, Vespa e Toscani. Non vorrete mica la censura sulla televisione, sulla pubblicità, che ci vendono al mercato dopo averci stuprati e offesi. Per carità: qui c’è «la libertà d’opinione», il «pensiero» è libero (purchè non parliate della shoah…). E’ ciò che non capisce la mia donna delle pulizie, una bella giovane rumena (che sgobba a lavare i pavimenti, invece di prostituirsi, negandosi la ricchezza e la gloria televisiva), il cui marito rumeno è un ottimo elettrauto grandissimo lavoratore a mille euro mensili, e che hanno una figlia già prima della classe (presto i compagni italioti la emargineranno: non può permettersi le Nike e le altre griffes). Lei mi spiega per l’ennesima volta quello che so già: «Anche noi rumeni abbiamo paura degli zingari». Mi conferma quello che ho visto coi miei occhi ai tempi della caduta di Ceausescu: «I rom sono più ricchi di noi». Si coprono d’oro, girano in Mercedes, possiedono case fornite dal governo, e che loro riaffittano lucrando un reddito, preferendo accamparsi nel loro luridume. Parlano una lingua, o un gergo, che i rumeni non capiscono. Il loro unico mestiere è il furto e l’accattonaggio. Di colpo, mentre la donna parla, ho come un’illuminazione: sta parlando della Casta? Anche la nostra Casta ha un suo gergo che noi non comprendiamo. Anche la nostra Casta gira in Mercedes rubate a noi e abita in case (di lusso) regalate da noi contribuenti. Anche la Casta sa fare una sola cosa: rubare e spogliarci. I rom ci insultano se non mettiamo il nostro obolo nelle loro mani minacciose e adunche, con le unghie lunghe di chi non ha mai lavorato. Uguale: anche la Casta, mentre ci deruba, ci insulta in tutti i modi: «evasori», e beccatevi la De Filippi, Costanzo, Vespa, gli amici nostri, inamovibili conduttori di inamovibili mostruosità esibite, insulto alla gente onesta e decente. La donna rumena che sgobba mi dice: quelli, i rom, non sono propriamente cittadini rumeni. A quelli non bisogna dare la carta d’identità europea. Commovente ingenuità! Non sa, non può sapere che, da noi, una simile idea sarebbe bollata come razzismo e discriminazione e punita per legge, se qualcuno osasse proporla. E’ infatti discriminazione, innegabilmente. Ed anche l’Europa, anche l’ONU, ci condannerebbe. Per non parlare della dittatura del politicamente corretto, pervasiva e minacciosa, totalitaria e asfissiante. Da noi, come mi ricorda un lettore, fin dal 1990 ogni capofamiglia rom riceve dallo stato, tramite le prefetture, un emolumento di 780 euro mensili rivalutati periodicamente. Non oso dirlo alla giovane rumena che sgobba: lei aspetta da mesi l’allacciamento del gas nella casa di cui paga, in affitto, la metà del salario del marito, perché in attesa di permessi vari come straniera, dunque sospetta ai vigili urbani locali. Non capirebbe la «legalità» italiana, la sua soccorrevole sollecitudine verso quei feroci criminali, e perché vuole «integrare» proprio loro e non un elettrauto e una bambina che va’ bene a scuola. Anche al marito elettrauto farebbero comodo quei 780 euro, eccome. Ma lui non ne ha il diritto. Come lo spiego alla mia donna rumena, così bella da avere mercato sicuro col sesso, e che invece ha il mal di schiena da spazzolone? Come può capire un paese che ha sette milioni di pensionati poverissimi – gente nata qui, che non ha fatto mai male ad una mosca, che ha lavorato e contribuito alla nazione per una vita – e che non non dà alcun sussidio prefettizio, prima, a loro? La mia donna crede che un governo abbia delle responsabilità, prima, verso i suoi cittadini, che debba aiutare prima loro, quando sono in difficoltà, che verso gli altri appena arrivati e già godono di benefici inimmaginabili nel loro paese, a cominciare dall’assistenza sanitaria gratuita. Chissà dove ha imparato questo concetto così razzista e oscurantista, così contrario ai nostri concetti di libertà, di socialità, di politicamente corretto. Sarà stata la scuola di Ceausescu? Deve essere rieducata: ai nostri valori. Una full immersion obbligatoria: dosi massicce di De Filippi, di Costanzo, di Vespa. Dovrebbe essere obbligata a vedere tutte le puntate arretrate dell’Isola dei Famosi: che impari da quella sub-umanità palestrata, gonfiata dalla plastica nelle tette e nei labbroni, che gettata in un duro paradiso terrestre non fa che frignare, lamentarsi, sparlare l’uno contro l’altro e pensare al «mangiare», incapace persino di usare un bolentino, che cosa significa, oggi, essere italiani. Che modello dobbiamo seguire e imitare e promuovere. Purtroppo per lei, la ragazza guarda poca tv: la sera stira e cuce. Ha già pensato di mandare la figlia ad una scuola migliore in città, perché qui nella scuola del paese impara poco, e stirando e cucendo la sera spera di mettere insieme i soldi necessari. Non posso dirle che i rom criminali pregiudicati sono retribuiti dalla Casta a 780 al mese, e che Vespa e Costanzo se li contendono in tv per 40 mila euro come prezzo-base d’asta. Perché la mia rumena da spazzolone mostra già tendenze preoccupanti al razzismo, all’oscurantismo nazionalistico, al politicamente scorretto. Dunque, la sua «integrazione» non è nemmeno desiderabile. Se il ministro Amato dovesse accorgersi di come la pensa, magari la espellono con l’elettrauto e la prima della classe. Perciò, cittadini lettori, scrivete a Vespa, Costanzo, De Filippi. Minacciateli coi rigori di leggi che da noi non esistono, come il vilipendio della nazione e l’apologia di criminale. C’è una famiglia rumena in pericolo. Come noi, del resto, moralmente massacrati da lorsignori.
Maurizio Blondet
Note
1) Il residence a San Benedetto del Tronto se lo paga l’assassino o lo paga la sua famiglia (almeno spero): a conferma che i rom, i soldi ce li hanno. Molti pensionati minimi italiani amerebbero vedersi comminata una simile condanna, residence con cambio di lenzuola e pulizie comprese. La loro condanna è più dura, e devono scontarsela tutta. Ma poi, il rom della strage alcoolica se ne starà davvero chiuso nel residence? Posso immaginare la severità dei controlli: da noi, le irruzioni della polizia a sorpresa con la mitraglietta spianata sono un privilegio riservato alle piccole imprese artigiane.
Monday, November 05, 2007
Posted by CampaniArrabbiata at 3:18 PM
Labels: blondet, globalizzazione, stampa
Subscribe to:
Post Comments (Atom)
1 comment:
In attesa significa appunto che la richiesta è stata fatta. Boutade poco pertinente.
Post a Comment